Sicuramente avete ben presente cosa sia il “pizzo”, e non mi riferisco a quello che in molti si lasciano crescere sul mento. Se vogliamo darne una definizione, possiamo prendere per buona quella fornita da Wikipedia, che in sintesi identifica il pizzo come una forma di estorsione praticata dalle cosche mafiose che consiste nel pretendere il versamento di una parte dei proventi derivanti dallo svolgimento di attività commerciali ed imprenditoriali, in cambio di "protezione" da qualcosa.
L’aspetto paradossale del pizzo è che si paga per difendersi da eventuali atti malavitosi posti in essere dallo stesso soggetto a cui lo si paga.
In sostanza la mafia crea un problema, e si fa pagare per risolverlo.
Sicuramente chi ha una partita iva ha inoltre anche ben presente - purtroppo - cosa sono gli I.S.A. (Indici Sintetici di Affidabilità).
Sostanzialmente sono INDICATORI che misurano l’affidabilità dei contribuenti sulla base di una serie di dati messi a disposizione dell’agenzia delle entrate, la quale, una volta elaborati secondo metodologie e criteri non del tutto chiari e noti, emette una pagella con un voto da 1 a 10, che esprime la presunta affidabilità fiscale del contribuente, e che premia gli imprenditori che superano la sufficienza.
Tutto qui? Ovviamente no.
Analizzando il rovescio della medaglia, ovvero ciò che accade agli imprenditori insufficienti e “rimandati”, si scopre che chi ha voti bassi viene di fatto punito mediante l’inserimento in appositi elenchi selettivi di controllo.
In sostanza, se non si raggiunge la piena sufficienza, aumenta notevolmente la possibilità di venire verificato personalmente da funzionari di agenzia entrate o guardia di finanza, e ogni imprenditore, commerciante o libero professionista sa benissimo che essere “verificati” vuol dire quasi certamente trovarsi davanti alla necessità di sborsare delle somme a volte anche ingenti, o avventurarsi in un lungo contenzioso.
Anche in questo caso, però, come nel precedente, c’è la possibilità di “proteggersi”, pagando più tasse di quelle dovute; secondo un adeguamento che scaturisce proprio dalla elaborazione degli I.S.A., si può “alzare il proprio voto” fino a raggiungere la sufficienza ed evitare di finire in queste liste “nere”.
In sostanza, e per finire: se si ha un pessimo voto e si rischia un accertamento con quasi certa ripresa fiscale e con enorme fastidio per il normale svolgimento della propria attività, non bisogna temere, perché basterà sborsare del denaro per “comprarsi” la promozione, ovvero un voto più alto per sfuggire alle verifiche.
L’aspetto paradossale degli ISA è che si paga per evitare eventuali atti accertativi posti in essere dallo stesso soggetto pagato per evitarli.
In sostanza il Fisco crea un problema, e si fa pagare per risolverlo.
Alla luce di quanto precede, ognuno può trarre le proprie conclusioni, ma una domanda la pongo: trovate qualche analogia tra pizzo ed ISA?